Storia e stratigrafia del costruito

Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

2012 TN, Campodenno, Castel Belasi

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.

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2009 PD, Galliera Veneta, Villa Imperiale
Storia e stratigrafia del costruito

Storia e stratigrafia del costruito

La progettazione è stata preceduta da un’ampia campagna d’indagine che è partita da una situazione di consistente trasformazione dell’edificio e dei suoi prospet...() Approfondisci

2003 PD, Padova, Basilica S. Giustina,museo
Storia e stratigrafia del costruito

Storia e stratigrafia del costruito

Intervento di recupero e musealizzazione delle porzioni paleocristiane e medievali del complesso. Realizzazione di un percorso interno di visita. ...() Approfondisci

…io credo soltanto nella iniziativa senza aggettivi, nella iniziativa di tutti. È l’iniziativa che crea la ricchezza, che aumenta il reddito, che apre nuovi posti di lavoro, che stimola il benessere di tutto il paese. Ho l’impressione che in Italia ci sia del lavoro per tutti; un lavoro immenso e che il nostro sia il campo probabilmente più importante, in cui gli scienziati, i tecnici, gli uomini responsabili del nostro devono interessarsi.

Enrico Mattei. San Donato Milanese (Metanopoli) 1 gennaio 1958. Discorso per l’inaugurazione della Scuola di Studi superiori sugli Idrocarburi

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Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

2012 TN, Campodenno, Castel Belasi

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.

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2009 PD, Galliera Veneta, Villa Imperiale
Storia e stratigrafia del costruito

Storia e stratigrafia del costruito

La progettazione è stata preceduta da un’ampia campagna d’indagine che è partita da una situazione di consistente trasformazione dell’edificio e dei suoi prospet...() Approfondisci

2003 PD, Padova, Basilica S. Giustina,museo
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Intervento di recupero e musealizzazione delle porzioni paleocristiane e medievali del complesso. Realizzazione di un percorso interno di visita. ...() Approfondisci

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Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

2012 TN, Campodenno, Castel Belasi

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.

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La progettazione è stata preceduta da un’ampia campagna d’indagine che è partita da una situazione di consistente trasformazione dell’edificio e dei suoi prospet...() Approfondisci

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Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

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Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.

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La progettazione è stata preceduta da un’ampia campagna d’indagine che è partita da una situazione di consistente trasformazione dell’edificio e dei suoi prospet...() Approfondisci

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Noi siamo come dei nani sulle spalle dei giganti. Vediamo quindi un numero maggiore di cose degli antichi, perché essi ci sollevano e ci innalzano di tutta la loro gigantesca altezza.

Bernardo di Chartres

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Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

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Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.

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2009 PD, Galliera Veneta, Villa Imperiale
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La progettazione è stata preceduta da un’ampia campagna d’indagine che è partita da una situazione di consistente trasformazione dell’edificio e dei suoi prospet...() Approfondisci

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…e sappiamo che facciamo solo il nostro dovere, che questo è il nostro compito e che dovremo fare molto di più, ma molto di più. Per questo facciamo assegnamento sui giovani, gli uomini di domani, che dovranno raccogliere la nostra bandiera ed andare avanti, nell’interesse del nostro Paese: affinché il nostro Paese possa contare qualche cosa domani, poiché non c’è indipendenza politica se non c’è indipendenza economica.

Enrico Mattei. San Donato Milanese (Metanopoli) 1 gennaio 1958. Discorso per l’inaugurazione della Scuola di Studi superiori sugli Idrocarburi