2012 TN, Campodenno, Castel Belasi, in corso

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Anno del progetto:   2012
Tn, Campodenno, via Castel Belasi, 38010

Committente: Comune di Campodenno, Tn

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso. La cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, rintracciabile spesso sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di edifici di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa.

Altri CASTELLI: Castel Corona, Rocca di Monselice, Castello Cini.

 

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…io credo soltanto nella iniziativa senza aggettivi, nella iniziativa di tutti. È l’iniziativa che crea la ricchezza, che aumenta il reddito, che apre nuovi posti di lavoro, che stimola il benessere di tutto il paese. Ho l’impressione che in Italia ci sia del lavoro per tutti; un lavoro immenso e che il nostro sia il campo probabilmente più importante, in cui gli scienziati, i tecnici, gli uomini responsabili del nostro devono interessarsi.

Enrico Mattei. San Donato Milanese (Metanopoli) 1 gennaio 1958. Discorso per l’inaugurazione della Scuola di Studi superiori sugli Idrocarburi

2012 TN, Campodenno, Castel Belasi, in corso

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Anno del progetto:   2012
Tn, Campodenno, via Castel Belasi, 38010

Committente: Comune di Campodenno, Tn

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso. La cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, rintracciabile spesso sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di edifici di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa.

Altri CASTELLI: Castel Corona, Rocca di Monselice, Castello Cini.

 

Progettazione

Lavorare sui punti di forza

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso, dei quali la cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, le cui tracce risultano in alcuni casi ancora ben riconoscibili sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di differenti corpi di fabbrica spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa. Tali edifici, di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, si organizzano in due distinti nuclei principali: quello centro settentrionale, costituito dalla torre principale del complesso, il mastio, dagli edifici ad essa addossati e dal complesso degli edifici settentrionali interni, ed in un solo caso esterni, alla cinta sommitale, che costituiscono il nucleo insediativo più antico del castello e che hanno tutti mantenuto nel tempo una funzione residenziale; quello meridionale, più tardo del precedente, addossato ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, che ebbero storicamente una funzione prevalentemente “rustica”. Tale gruppo di edifici, anch’essi cronologicamente disomogenei e frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati, pur presentando una parentesi residenziale testimoniata dalle ampie finestre del primo e del secondo livello, riacquisì e mantenne, fino alla defunzionalizzazione novecentesca del complesso, funzioni agricole e rurali.
I corpi residenziali centrali e settentrionali, con l’intervento di restauro, acquisiscono una destinazione d’uso pubblica a sede espositiva, culturale, di rappresentanza comunale, mentre i corpi rustici meridionali sono destinati all’accoglienza turistica.
Gli interventi sulle mura di fortificazione sommitale riguardano l’intera cortina difensiva, ad esclusione delle porzioni sommitali già oggetto di un intervento di somma urgenza, gli apparati a sporgere (bertesche), e le porte di accesso.
Gli interventi progettati sono tutti finalizzati al massimo recupero ed alla massima valorizzazione delle preesistenze storico-monumentali, anche se solo residuali, ed intendono garantire la conservazione futura del bene e favorire la fruizione e la comprensione del patrimonio conservato:  l’esecuzione degli interventi è, infatti, impostata su tali finalità.
Il progetto si fonda su un’accurata analisi del manufatto e delle sue strutture funzionali per  individuarne i punti di forza, le particolarità, le modificazioni succedutesi, nonché le vicende che hanno ridotto lo spessore storico-monumentale del complesso o compromesso l’unità  architettonico-funzionale. L’attività di progettazione ha perciò preso avvio dal riconoscimento del grande valore storico che l’architettura pluristratificata del castello offriva nella sua formazione diacronica, rifiutando a priori ogni tentazione di accontentarsi di raggiungere, nel recupero, una sola “estetica di superficie”, o di limitarsi a considerare i corpi di fabbrica del complesso quali meri volumi edilizi.
In coerenza con il distributivo originale, si sono ripristinati anche elementi funzionali non conservati, sulla base delle esigenze e delle destinazioni d’uso, nel rispetto del patrimonio esistente e al fine di valorizzare il sito attraverso l’apertura al pubblico e l’accoglienza dei visitatori che, nei corpi rustici meridionali del complesso, è di tipo  extra-alberghiero.
Il progetto ha inoltre perseguito la massima flessibilità distributiva, per rispondere, con minimo impegno economico, a future variazione delle esigenze funzionali cui l’opera è destinata.
E’ stato perseguito il recupero di quei caratteri costituenti lo spessore monumentale del complesso, quindi la capacità di trasmissione della  memoria storica.
L’intervento ha previsto l’utilizzo di materiali e metodologie compatibili che garantiscono la valorizzazione della struttura e non ne diminuiscono il valore edilizio e monumentale.
Tutti i materiali incompatibili inseriti nel complesso nel corso delle sue trasformazioni sono stati  sostituiti con altri di adeguata compatibilità. Sono perciò stati adottati una serie di materiali e di tipologie che, rifuggendo la riproposizione “in stile” di elementi per i quali manca, anche a livello storico-iconografico, qualunque riferimento, mantenessero saldo il principio della riconoscibilità dei nuovi elementi rispetto agli antichi.
Direzione lavori

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Coordinamento alla sicurezza

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Rilievo

Rilevare a tutto tondo

Nucleo dell’intera opera di documentazione è stata la realizzazione di una base di riferimento strumentale ed ortofotografica, che consentisse la caratterizzazione dettagliata dei prospetti e costituisse una solida base di riferimento per ogni successiva operazione di registrazione dei dati ottenuti dall’analisi e dall’eventuale monitoraggio delle strutture e un puntuale riferimento per tutte le attività progettuali legate al recupero ed alla conservazione delle superfici.
Per l’esecuzione di tale operazione è stato eseguito il rilievo strumentale mediante stazione totale dei  principali prospetti del complesso, con la realizzazione di un reticolo metrico georeferenziato sulle murature, collegato alla rete topografica generale.
Tutte le riprese fotografiche sono state successivamente trattate con appositi programmi di fotoraddrizzamento e fotomosaicatura, ottenendo così immagini unitarie ed in scala metrica dei diversi prospetti analizzati.
Il costante utilizzo, in tutte le fasi di acquisizione dei dati in cantiere, di una stazione totale ha consentito il collegamento di tutti i prospetti interni ed esterni rispetto alla quota zero di riferimento, scelta nella soglia dell’ingresso orientale aperta nella cortina principale della fortezza, di accesso alla cosiddetta “corte rustica”.
I fotopiani così ottenuti sono quindi stati inseriti sulla base grafica di riferimento precedentemente ottenuta dal rilevamento strumentale.
In questo modo è possibile ottenere la sovrapposizione degli elementi principali del rilievo sulle ortofotografie in scala, realizzando così un dettagliatissimo rilievo materico delle superfici, base fondamentale per ogni successiva rielaborazione e per l’inserimento grafico di informazioni di tipo diagnostico e progettuale. Si è così ottenuta, inoltre, una insostituibile e puntuale base di computazione metrica degli interventi di conservazione.
Nel corso delle operazioni di rilevamento strumentale si è inoltre operata la  lettura degli scostamenti dalla verticalità in punti notevoli del complesso; tali dati sono quindi stati oggetto di analisi e rielaborazione, ottenendone così specifici elaborati grafici di riferimento.
E’ stata anche eseguita una caratterizzazione planialtimetrica dell’intorno per realizzare una rete topografica  d’inquadramento, per collegare strumentalmente e rendere omogenee e coerenti tutte le operazioni di misurazione eseguite all’interno o all’esterno del complesso, identificate in un unico spazio tridimensionale in relazione alla quota zero di origine.
Analisi del degrado

Analizzare per conoscere

Il progetto di conservazione ha preso avvio da una dettagliata analisi del degrado per  individuare e mappare tutti i fenomeni degenerativi in atto, identificando parallelamente le metodologie ed i prodotti di maggior efficacia per la risoluzione delle patologie.
L’analisi delle principali patologie di degrado rilevabili è derivata dall’analisi diretta delle murature. L’approfondimento è stato proporzionale all’accessibilità ed alla leggibilità delle differenti porzioni murarie. Le risultanze delle indagini, decodificate secondo il lessico e le convenzioni NORMAL, hanno consentito la realizzazione di una mappatura grafica generale, che è stata quindi inserita sul rilievo ortofotografico precedentemente ottenuto.
Tale analisi, che potrà avere ulteriori, successivi approfondimenti in base a migliorate condizioni di accessibilità e ad analisi ravvicinata delle diverse porzioni murarie, costituisce un importante riferimento sullo stato di conservazione attuale delle superfici.


Murature
Il recupero sia strutturale che conservativo di tutte le murature e di tutte le superfici conservate sono stati perseguiti secondo i canoni e le regole degli interventi su strutture storico-monumentali vincolate, in totale accordo con le indicazioni e con i pareri precedentemente forniti dalla competente Soprintendenza.
L’intervento è finalizzato all’eliminazione delle principali cause di degrado e di eventuali elementi o rifiniture/trattamenti incompatibili, al consolidamento di quanto conservato, al ripristino delle condizioni originarie di resistenza meccanica e di rifinitura ed al consolidamento e protezione delle strutture orizzontali e verticali, attraverso metodologie compatibili e ripristino degli originari sistemi di protezione.

Superfici
Il progetto di restauro delle superfici parte dall’analisi dello stato conservativo di quanto conservato, direttamente e dettagliatamente verificato in cantiere,  rispettando il principio del minimo intervento, con attenzione nei confronti del recupero e dell’evidenziazione delle superfici di pregio, restituendo una facile leggibilità al fruitore senza inficiare la caratterizzazione di ciascun vano. Il restauro estetico delle superfici è stato condotto sulla base delle originali destinazioni d’uso e dello stato conservativo.

Il restauro delle superfici lapidee
Gli interventi previsti sono principalmente di pulitura, di consolidamento e di integrazione materica, per il raggiungimento di condizioni generali che ne garantiscano la conservazione e l’idonea funzionalità.
Gli interventi generali sono di preconsolidamento tessiturale, la rimozione di stuccature incompatibili, di conglomerati cementizi e/o diversi dagli originari, la pulitura a secco eseguita manualmente mediante l’utilizzo di pennellesse, bisturi o vibroincisore; il trattamento biocida  mediante applicazione di specifico biocida a largo spettro d’azione diluito; la pulitura umida mediante sistema di lavaggio con acqua atomizzata deionizzata, e  spazzolatura con pennelli in fibra di nylon o naturali.

Le pavimentazioni lignee
Le pavimentazioni lignee conservate all’interno degli ambienti oggetto d’intervento sono di due tipi: gli assiti più antichi, anteriori alla seconda metà del XIX secolo , sono caratterizzati da listellature ricorrenti campite da tavolato di dimensioni limitate che realizza pennellature quadrangolari; quelli più recenti, successivi alla fine del XIX secolo sono invece  caratterizzati da tavole di buona lunghezza riquadrate da un’unica, ampia fascia perimetrale, normalmente accentuata con l’interposizione di un’essenza lignea diversa.
Gli assiti lignei più antichi sono mediamente abbondantemente lacunosi e caratterizzati da un peggiore stato di conservazione.

Le pavimentazioni in laterizio
Esistono due tipologie di pavimentazioni in laterizio: quelle realizzate in tavelle ed allettate e stilate con malta di calce e quelle realizzate di quadroni laterizi di buon spessore e messe in opera in aderenza in assenza di stilatura dei giunti. Il primo tipo sarà oggetto di restauro conservativo in opera, mentre quelle del secondo tipo, che sopportano lo smontaggio, verranno rimosse e rimesse in opera.

Le pavimentazioni in battuto di calce
Le pavimentazioni in battuto di calce è stata restaurata con il preconsolidamento delle porzioni labili; con la rimozione di risarcimenti incompatibili eseguita manualmente; con la pulizia delle superfici mediante frizione a secco ed umida con spazzole morbide ed rimozione delle polveri e dei depositi mediante pennellesse; con il consolidamento superficiale ottenuto mediante imbibizione con silicato di etile a bassa concentrazione; con eventuale consolidamento ad iniezione in corrispondenza di lesioni  o sbollature,  eseguito con malte di calce ad alto potere adesivante;  l’incollaggio degli inerti distaccati mediante allettamento con malta di cromia e granulometria simile all’originale,  a base di calce desalinizzata; la stuccatura delle lesioni e delle lacune con malta di cromia e granulometria ed impasto simile all’originale; il risarcimento di lacune realizzato con battuto di calce ed inerti di pezzatura e tipologia simile all’originale; la lucidatura manuale e l’esecuzione di trattamento protettivo finale mediante stesura di prodotti specifici tipo olio di lino.
Il restauro degli elementi lignei
Gli elementi lignei sono stati restaurati dopo aver rimosso i depositi incoerenti, con il trattamento antitarlo e antifungo fino a rifiuto. Il consolidamento è stato eseguito  con siringa di collanti organici ed eventuale consolidamento tessiturale mediante imbibizione di resine apposite. E’ stata quindi realizzata la pulitura chimica e meccanica di eventuali polveri grasse, fumi, vernici, fissativi e ravvivanti, stuccature debordanti sulla superficie e ridipinture, succeduta dalla stuccatura di piccole lesioni o lacune con stucco a base di gesso Bologna, leganti organici e terra colorata. Le porzioni ammalorate sono state sostituite mediante la realizzazione di tasselli di uguale essenza con elementi lignei di riutilizzo, la verifica e l’eventuale adattamento e regolazione di chiodature, cardini o elementi metallici; la pulitura ed il trattamento passivante della ferramenta originale; la mordenzatura  mimetica, il trattamento finale protettivo a cera e/o a gommalacca.
Le cornici lignee degli infissi dovranno essere predisposte per sopportare la successiva messa in opera funzionale delle rispettive porte e finestre.

Il restauro degli elementi metallici
Tutti gli elementi metallici presenti sono stati oggetto di pulitura superficiale per la rimozione dei depositi incoerenti. Sulla superficie perfettamente ripulita è stato applicato idoneo prodotto inibitore e convertitore dell’ossidazione.
Analisi strutturale

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Indagini diagnostiche

Lavorare sui punti strategici

I sondaggi di scavo, distribuiti nell’ambito dell’intera area interessata dalle fortificazioni, erano localizzati in punti strategici del complesso ed avevano la finalità di definire quote d’utilizzo antico e loro variazioni, caratteristiche fisiche di piani pavimentali e strutture di fondazione e, più in generale, una conoscenza diretta delle principali casistiche della stratificazione antropica presente all’interno del complesso.
Sono perciò stati eseguiti “pozzetti stratigrafici” sia all’interno dei principali locali del piano terreno e del piano seminterrato dei diversi corpi di fabbrica che costituiscono il complesso, sia a ridosso dei principali perimetrali esterni degli stessi corpi di fabbrica o della cortina di delimitazione dell’area fortificata; in due soli casi sono stati eseguiti sondaggi all’esterno della cortina sommitale, uno per determinare la presenza di un acciottolato in corrispondenza del percorso di avvicinamento alla porta orientale della cinta sommitale ed uno per indagare, nella porzione meridionale del complesso, l’organizzazione originaria della linea secondaria di fortificazione, definita impropriamente “rivellino”.
Nella definizione dei corpi di fabbrica, per facilitare l’incrocio delle risultanze delle indagini, è stata mantenuta la definizione in vani presente nel progetto diagnostico.
Tutti i sondaggi sono stati collegati altimetricamente con l’ausilio di una stazione totale ad uno “zero di riferimento”, eletto in corrispondenza della soglia lapidea  del portale orientale che consente l’attraversamento della cortina sommitale di fortificazione.
I sondaggi, nel progetto diagnostico, erano distinti in due gruppi: quelli da eseguirsi direttamente e quelli da eseguire a seguito della messa in sicurezza del complesso. Di questi ultimi è stato possibile eseguire unicamente il sondaggio in corrispondenza del perimetrale interno della porzione occidentale della cortina sommitale, mentre sono stati stralciati  i sondaggi previsti in corrispondenza della porzione interna alla porta occidentale della cinta sommitale che avrebbe creato difficoltà logistiche al cantiere e quello in corrispondenza del terrapieno delimitato dal perimetrale meridionale della cinta secondaria (rivellino), stralciato per motivi di sicurezza (di fatto rimandato ad altra campagna d’indagine) in assenza della messa in sicurezza della porzione muraria a meridione dello stesso, che risultava prossima al collasso.
Storia e stratigrafia del costruito

Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.
Indagini archeologiche

Confrontare per progettare

I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali  trasformazioni del complesso.

Il controllo archeologico, connesso ai lavori per la realizzazione di una “scogliera” di rinforzo del versante del castello, è stato eseguito in una allungata area che si sviluppava, pochi metri a valle della cinta sommitale, parallelamente al muro di fortificazione e che ne seguiva, perciò, l’andamento.

L’area, settentrionale, non ancora indagata archeologicamente nell’ambito delle estese campagne d’indagine per la conoscenza del complesso fino ad ora realizzate, risultava fortemente disturbata da precedenti interventi edilizi riconducibili all’età moderna.

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’autunno 2009 e la relativa analisi e documentazione delle emergenze archeologiche, è stata eseguita, in affiancamento alle operazioni edili relative alla realizzazione della citata “scogliera” di contenimento del versante.

Nella documentazione archeologica dell’intervento è stata utilizzata, in logica continuazione con la campagna eseguita nel 2008, una numerazione delle unità stratigrafiche a partire da US 5100 per poi accrescersi, di centinaio in centinaio, per ogni spostamento di settore nel l’ampio contesto di scavo.

L’intervento archeologico ha visto il controllo e la documentazione delle evidenze archeologiche di uno scavo realizzato in una fascia compresa tra la cintura di micropali e il piede della cortina del castello, con impiego di mezzo meccanico, in un’area caratterizzata da un consistente dislivello altimetrico.

La strategia operativa adottata ha visto il controllo diretto allo scavo (in parte condotto all’interno di sezioni di scavo precedentemente realizzati), l’esposizione di alcune aree significative, ove sono state ricavate sezioni rappresentative dei depositi conservati, lo scavo archeologico diretto di approfondimento per la conoscenza e l’interpretazione di alcuni depositi e di alcune strutture riportate in luce, ed, infine, la documentazione archeologica di quanto individuato.

Come già detto l’area settentrionale esterna alla cinta risultava non ancora indagata o documentata archeologicamente ed appariva, per quanto finora noto, non interessata da strutture di articolazione del perimetro fortificato presenti in tutti gli altri prospetti del complesso.
La documentazione archeologica ha, viceversa, messo in evidenza la presenza, anche in questo lato del complesso, di alcune strutture murarie che contenevano le murature principali e spezzando il pendio, articolavano le opere di difesa.

Sono state inoltre portate in luce le strutture residuali di una cisterna fognaria, riferibile ad una fase avanzata di sviluppo dei corpi residenziali nel settore settentrionale del complesso e ad essi funzionale, che ha restituito alcuni materiali ceramici e reperti ossei che costituiscono un limitatissimo ma prezioso contesto per la ricostruzione materiale di alcune delle fasi di vita del castello.

Per le necessità logistiche connesse al cantiere edile (legate prevalentemente alle difficili condizioni di lavoro per i mezzi meccanici e di smaltimento del terreno), lo scavo è stato condotto progressivamente da est verso ovest.     

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’area settentrionale del castello, ha consentito di approfondire le conoscenze sull’organizzazione delle porzioni esterne alla cortina principale, acquisendo dati di un’area finora rimasta esclusa dalle conoscenze.

Sono state documentate alcune strutture murarie che articolavano l’area esterna, organizzando e terrazzando il pendio in cortine concentriche, gerarchicamente inferiori alla cinta sommitale, ma destinate all’accrescimento ed al potenziamento delle difese. Tale sistema, ancora in gran parte riconoscibile nelle altre porzioni del complesso, doveva risultare strettamente collegato al sistema di avvicinamento ed accesso al castello, che, chiarito dalle recenti indagini nella porzione occidentale, rimane ancora di non chiara interpretazione proprio in quella orientale, ove il crollo e la ricostruzione di parte delle strutture in corrispondenza del varco d’ingresso alla corte rustica, non consente, ad oggi, di comprendere completamente l’originaria organizzazione.
I rischi di crollo delle porzioni sommitali della muratura orientale, gravemente decoesionate, ha purtroppo impedito il proseguimento dello scavo in prossimità del varco di accesso orientale, impedendo il collegamento certo delle strutture rinvenute con quanto, seppure modificato, risulta ancora in luce.

Nella porzione occidentale dell’area settentrionale, sono state portate in luce le strutture residuali di una cisterna a perdere, connessa ad una latrina aggettante rispetto al prospetto settentrionale del castello. La struttura, che presenta una fase d’uso databile fra la metà del XVII ed il XVIII secolo, venne sostituita, nei primi decenni del secolo XX, da una vasca in calcestruzzo.
Musealizzazione e allestimenti

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Valorizzazione del contesto

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2012 TN, Campodenno, Castel Belasi, in corso

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Anno del progetto:   2012
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Committente: Comune di Campodenno, Tn

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso. La cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, rintracciabile spesso sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di edifici di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa.

Altri CASTELLI: Castel Corona, Rocca di Monselice, Castello Cini.

 

Progettazione

Lavorare sui punti di forza

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso, dei quali la cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, le cui tracce risultano in alcuni casi ancora ben riconoscibili sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di differenti corpi di fabbrica spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa. Tali edifici, di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, si organizzano in due distinti nuclei principali: quello centro settentrionale, costituito dalla torre principale del complesso, il mastio, dagli edifici ad essa addossati e dal complesso degli edifici settentrionali interni, ed in un solo caso esterni, alla cinta sommitale, che costituiscono il nucleo insediativo più antico del castello e che hanno tutti mantenuto nel tempo una funzione residenziale; quello meridionale, più tardo del precedente, addossato ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, che ebbero storicamente una funzione prevalentemente “rustica”. Tale gruppo di edifici, anch’essi cronologicamente disomogenei e frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati, pur presentando una parentesi residenziale testimoniata dalle ampie finestre del primo e del secondo livello, riacquisì e mantenne, fino alla defunzionalizzazione novecentesca del complesso, funzioni agricole e rurali.
I corpi residenziali centrali e settentrionali, con l’intervento di restauro, acquisiscono una destinazione d’uso pubblica a sede espositiva, culturale, di rappresentanza comunale, mentre i corpi rustici meridionali sono destinati all’accoglienza turistica.
Gli interventi sulle mura di fortificazione sommitale riguardano l’intera cortina difensiva, ad esclusione delle porzioni sommitali già oggetto di un intervento di somma urgenza, gli apparati a sporgere (bertesche), e le porte di accesso.
Gli interventi progettati sono tutti finalizzati al massimo recupero ed alla massima valorizzazione delle preesistenze storico-monumentali, anche se solo residuali, ed intendono garantire la conservazione futura del bene e favorire la fruizione e la comprensione del patrimonio conservato:  l’esecuzione degli interventi è, infatti, impostata su tali finalità.
Il progetto si fonda su un’accurata analisi del manufatto e delle sue strutture funzionali per  individuarne i punti di forza, le particolarità, le modificazioni succedutesi, nonché le vicende che hanno ridotto lo spessore storico-monumentale del complesso o compromesso l’unità  architettonico-funzionale. L’attività di progettazione ha perciò preso avvio dal riconoscimento del grande valore storico che l’architettura pluristratificata del castello offriva nella sua formazione diacronica, rifiutando a priori ogni tentazione di accontentarsi di raggiungere, nel recupero, una sola “estetica di superficie”, o di limitarsi a considerare i corpi di fabbrica del complesso quali meri volumi edilizi.
In coerenza con il distributivo originale, si sono ripristinati anche elementi funzionali non conservati, sulla base delle esigenze e delle destinazioni d’uso, nel rispetto del patrimonio esistente e al fine di valorizzare il sito attraverso l’apertura al pubblico e l’accoglienza dei visitatori che, nei corpi rustici meridionali del complesso, è di tipo  extra-alberghiero.
Il progetto ha inoltre perseguito la massima flessibilità distributiva, per rispondere, con minimo impegno economico, a future variazione delle esigenze funzionali cui l’opera è destinata.
E’ stato perseguito il recupero di quei caratteri costituenti lo spessore monumentale del complesso, quindi la capacità di trasmissione della  memoria storica.
L’intervento ha previsto l’utilizzo di materiali e metodologie compatibili che garantiscono la valorizzazione della struttura e non ne diminuiscono il valore edilizio e monumentale.
Tutti i materiali incompatibili inseriti nel complesso nel corso delle sue trasformazioni sono stati  sostituiti con altri di adeguata compatibilità. Sono perciò stati adottati una serie di materiali e di tipologie che, rifuggendo la riproposizione “in stile” di elementi per i quali manca, anche a livello storico-iconografico, qualunque riferimento, mantenessero saldo il principio della riconoscibilità dei nuovi elementi rispetto agli antichi.
Direzione lavori

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Coordinamento alla sicurezza

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Rilievo

Rilevare a tutto tondo

Nucleo dell’intera opera di documentazione è stata la realizzazione di una base di riferimento strumentale ed ortofotografica, che consentisse la caratterizzazione dettagliata dei prospetti e costituisse una solida base di riferimento per ogni successiva operazione di registrazione dei dati ottenuti dall’analisi e dall’eventuale monitoraggio delle strutture e un puntuale riferimento per tutte le attività progettuali legate al recupero ed alla conservazione delle superfici.
Per l’esecuzione di tale operazione è stato eseguito il rilievo strumentale mediante stazione totale dei  principali prospetti del complesso, con la realizzazione di un reticolo metrico georeferenziato sulle murature, collegato alla rete topografica generale.
Tutte le riprese fotografiche sono state successivamente trattate con appositi programmi di fotoraddrizzamento e fotomosaicatura, ottenendo così immagini unitarie ed in scala metrica dei diversi prospetti analizzati.
Il costante utilizzo, in tutte le fasi di acquisizione dei dati in cantiere, di una stazione totale ha consentito il collegamento di tutti i prospetti interni ed esterni rispetto alla quota zero di riferimento, scelta nella soglia dell’ingresso orientale aperta nella cortina principale della fortezza, di accesso alla cosiddetta “corte rustica”.
I fotopiani così ottenuti sono quindi stati inseriti sulla base grafica di riferimento precedentemente ottenuta dal rilevamento strumentale.
In questo modo è possibile ottenere la sovrapposizione degli elementi principali del rilievo sulle ortofotografie in scala, realizzando così un dettagliatissimo rilievo materico delle superfici, base fondamentale per ogni successiva rielaborazione e per l’inserimento grafico di informazioni di tipo diagnostico e progettuale. Si è così ottenuta, inoltre, una insostituibile e puntuale base di computazione metrica degli interventi di conservazione.
Nel corso delle operazioni di rilevamento strumentale si è inoltre operata la  lettura degli scostamenti dalla verticalità in punti notevoli del complesso; tali dati sono quindi stati oggetto di analisi e rielaborazione, ottenendone così specifici elaborati grafici di riferimento.
E’ stata anche eseguita una caratterizzazione planialtimetrica dell’intorno per realizzare una rete topografica  d’inquadramento, per collegare strumentalmente e rendere omogenee e coerenti tutte le operazioni di misurazione eseguite all’interno o all’esterno del complesso, identificate in un unico spazio tridimensionale in relazione alla quota zero di origine.
Analisi del degrado

Analizzare per conoscere

Il progetto di conservazione ha preso avvio da una dettagliata analisi del degrado per  individuare e mappare tutti i fenomeni degenerativi in atto, identificando parallelamente le metodologie ed i prodotti di maggior efficacia per la risoluzione delle patologie.
L’analisi delle principali patologie di degrado rilevabili è derivata dall’analisi diretta delle murature. L’approfondimento è stato proporzionale all’accessibilità ed alla leggibilità delle differenti porzioni murarie. Le risultanze delle indagini, decodificate secondo il lessico e le convenzioni NORMAL, hanno consentito la realizzazione di una mappatura grafica generale, che è stata quindi inserita sul rilievo ortofotografico precedentemente ottenuto.
Tale analisi, che potrà avere ulteriori, successivi approfondimenti in base a migliorate condizioni di accessibilità e ad analisi ravvicinata delle diverse porzioni murarie, costituisce un importante riferimento sullo stato di conservazione attuale delle superfici.


Murature
Il recupero sia strutturale che conservativo di tutte le murature e di tutte le superfici conservate sono stati perseguiti secondo i canoni e le regole degli interventi su strutture storico-monumentali vincolate, in totale accordo con le indicazioni e con i pareri precedentemente forniti dalla competente Soprintendenza.
L’intervento è finalizzato all’eliminazione delle principali cause di degrado e di eventuali elementi o rifiniture/trattamenti incompatibili, al consolidamento di quanto conservato, al ripristino delle condizioni originarie di resistenza meccanica e di rifinitura ed al consolidamento e protezione delle strutture orizzontali e verticali, attraverso metodologie compatibili e ripristino degli originari sistemi di protezione.

Superfici
Il progetto di restauro delle superfici parte dall’analisi dello stato conservativo di quanto conservato, direttamente e dettagliatamente verificato in cantiere,  rispettando il principio del minimo intervento, con attenzione nei confronti del recupero e dell’evidenziazione delle superfici di pregio, restituendo una facile leggibilità al fruitore senza inficiare la caratterizzazione di ciascun vano. Il restauro estetico delle superfici è stato condotto sulla base delle originali destinazioni d’uso e dello stato conservativo.

Il restauro delle superfici lapidee
Gli interventi previsti sono principalmente di pulitura, di consolidamento e di integrazione materica, per il raggiungimento di condizioni generali che ne garantiscano la conservazione e l’idonea funzionalità.
Gli interventi generali sono di preconsolidamento tessiturale, la rimozione di stuccature incompatibili, di conglomerati cementizi e/o diversi dagli originari, la pulitura a secco eseguita manualmente mediante l’utilizzo di pennellesse, bisturi o vibroincisore; il trattamento biocida  mediante applicazione di specifico biocida a largo spettro d’azione diluito; la pulitura umida mediante sistema di lavaggio con acqua atomizzata deionizzata, e  spazzolatura con pennelli in fibra di nylon o naturali.

Le pavimentazioni lignee
Le pavimentazioni lignee conservate all’interno degli ambienti oggetto d’intervento sono di due tipi: gli assiti più antichi, anteriori alla seconda metà del XIX secolo , sono caratterizzati da listellature ricorrenti campite da tavolato di dimensioni limitate che realizza pennellature quadrangolari; quelli più recenti, successivi alla fine del XIX secolo sono invece  caratterizzati da tavole di buona lunghezza riquadrate da un’unica, ampia fascia perimetrale, normalmente accentuata con l’interposizione di un’essenza lignea diversa.
Gli assiti lignei più antichi sono mediamente abbondantemente lacunosi e caratterizzati da un peggiore stato di conservazione.

Le pavimentazioni in laterizio
Esistono due tipologie di pavimentazioni in laterizio: quelle realizzate in tavelle ed allettate e stilate con malta di calce e quelle realizzate di quadroni laterizi di buon spessore e messe in opera in aderenza in assenza di stilatura dei giunti. Il primo tipo sarà oggetto di restauro conservativo in opera, mentre quelle del secondo tipo, che sopportano lo smontaggio, verranno rimosse e rimesse in opera.

Le pavimentazioni in battuto di calce
Le pavimentazioni in battuto di calce è stata restaurata con il preconsolidamento delle porzioni labili; con la rimozione di risarcimenti incompatibili eseguita manualmente; con la pulizia delle superfici mediante frizione a secco ed umida con spazzole morbide ed rimozione delle polveri e dei depositi mediante pennellesse; con il consolidamento superficiale ottenuto mediante imbibizione con silicato di etile a bassa concentrazione; con eventuale consolidamento ad iniezione in corrispondenza di lesioni  o sbollature,  eseguito con malte di calce ad alto potere adesivante;  l’incollaggio degli inerti distaccati mediante allettamento con malta di cromia e granulometria simile all’originale,  a base di calce desalinizzata; la stuccatura delle lesioni e delle lacune con malta di cromia e granulometria ed impasto simile all’originale; il risarcimento di lacune realizzato con battuto di calce ed inerti di pezzatura e tipologia simile all’originale; la lucidatura manuale e l’esecuzione di trattamento protettivo finale mediante stesura di prodotti specifici tipo olio di lino.
Il restauro degli elementi lignei
Gli elementi lignei sono stati restaurati dopo aver rimosso i depositi incoerenti, con il trattamento antitarlo e antifungo fino a rifiuto. Il consolidamento è stato eseguito  con siringa di collanti organici ed eventuale consolidamento tessiturale mediante imbibizione di resine apposite. E’ stata quindi realizzata la pulitura chimica e meccanica di eventuali polveri grasse, fumi, vernici, fissativi e ravvivanti, stuccature debordanti sulla superficie e ridipinture, succeduta dalla stuccatura di piccole lesioni o lacune con stucco a base di gesso Bologna, leganti organici e terra colorata. Le porzioni ammalorate sono state sostituite mediante la realizzazione di tasselli di uguale essenza con elementi lignei di riutilizzo, la verifica e l’eventuale adattamento e regolazione di chiodature, cardini o elementi metallici; la pulitura ed il trattamento passivante della ferramenta originale; la mordenzatura  mimetica, il trattamento finale protettivo a cera e/o a gommalacca.
Le cornici lignee degli infissi dovranno essere predisposte per sopportare la successiva messa in opera funzionale delle rispettive porte e finestre.

Il restauro degli elementi metallici
Tutti gli elementi metallici presenti sono stati oggetto di pulitura superficiale per la rimozione dei depositi incoerenti. Sulla superficie perfettamente ripulita è stato applicato idoneo prodotto inibitore e convertitore dell’ossidazione.
Analisi strutturale

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Indagini diagnostiche

Lavorare sui punti strategici

I sondaggi di scavo, distribuiti nell’ambito dell’intera area interessata dalle fortificazioni, erano localizzati in punti strategici del complesso ed avevano la finalità di definire quote d’utilizzo antico e loro variazioni, caratteristiche fisiche di piani pavimentali e strutture di fondazione e, più in generale, una conoscenza diretta delle principali casistiche della stratificazione antropica presente all’interno del complesso.
Sono perciò stati eseguiti “pozzetti stratigrafici” sia all’interno dei principali locali del piano terreno e del piano seminterrato dei diversi corpi di fabbrica che costituiscono il complesso, sia a ridosso dei principali perimetrali esterni degli stessi corpi di fabbrica o della cortina di delimitazione dell’area fortificata; in due soli casi sono stati eseguiti sondaggi all’esterno della cortina sommitale, uno per determinare la presenza di un acciottolato in corrispondenza del percorso di avvicinamento alla porta orientale della cinta sommitale ed uno per indagare, nella porzione meridionale del complesso, l’organizzazione originaria della linea secondaria di fortificazione, definita impropriamente “rivellino”.
Nella definizione dei corpi di fabbrica, per facilitare l’incrocio delle risultanze delle indagini, è stata mantenuta la definizione in vani presente nel progetto diagnostico.
Tutti i sondaggi sono stati collegati altimetricamente con l’ausilio di una stazione totale ad uno “zero di riferimento”, eletto in corrispondenza della soglia lapidea  del portale orientale che consente l’attraversamento della cortina sommitale di fortificazione.
I sondaggi, nel progetto diagnostico, erano distinti in due gruppi: quelli da eseguirsi direttamente e quelli da eseguire a seguito della messa in sicurezza del complesso. Di questi ultimi è stato possibile eseguire unicamente il sondaggio in corrispondenza del perimetrale interno della porzione occidentale della cortina sommitale, mentre sono stati stralciati  i sondaggi previsti in corrispondenza della porzione interna alla porta occidentale della cinta sommitale che avrebbe creato difficoltà logistiche al cantiere e quello in corrispondenza del terrapieno delimitato dal perimetrale meridionale della cinta secondaria (rivellino), stralciato per motivi di sicurezza (di fatto rimandato ad altra campagna d’indagine) in assenza della messa in sicurezza della porzione muraria a meridione dello stesso, che risultava prossima al collasso.
Storia e stratigrafia del costruito

Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.
Indagini archeologiche

Confrontare per progettare

I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali  trasformazioni del complesso.

Il controllo archeologico, connesso ai lavori per la realizzazione di una “scogliera” di rinforzo del versante del castello, è stato eseguito in una allungata area che si sviluppava, pochi metri a valle della cinta sommitale, parallelamente al muro di fortificazione e che ne seguiva, perciò, l’andamento.

L’area, settentrionale, non ancora indagata archeologicamente nell’ambito delle estese campagne d’indagine per la conoscenza del complesso fino ad ora realizzate, risultava fortemente disturbata da precedenti interventi edilizi riconducibili all’età moderna.

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’autunno 2009 e la relativa analisi e documentazione delle emergenze archeologiche, è stata eseguita, in affiancamento alle operazioni edili relative alla realizzazione della citata “scogliera” di contenimento del versante.

Nella documentazione archeologica dell’intervento è stata utilizzata, in logica continuazione con la campagna eseguita nel 2008, una numerazione delle unità stratigrafiche a partire da US 5100 per poi accrescersi, di centinaio in centinaio, per ogni spostamento di settore nel l’ampio contesto di scavo.

L’intervento archeologico ha visto il controllo e la documentazione delle evidenze archeologiche di uno scavo realizzato in una fascia compresa tra la cintura di micropali e il piede della cortina del castello, con impiego di mezzo meccanico, in un’area caratterizzata da un consistente dislivello altimetrico.

La strategia operativa adottata ha visto il controllo diretto allo scavo (in parte condotto all’interno di sezioni di scavo precedentemente realizzati), l’esposizione di alcune aree significative, ove sono state ricavate sezioni rappresentative dei depositi conservati, lo scavo archeologico diretto di approfondimento per la conoscenza e l’interpretazione di alcuni depositi e di alcune strutture riportate in luce, ed, infine, la documentazione archeologica di quanto individuato.

Come già detto l’area settentrionale esterna alla cinta risultava non ancora indagata o documentata archeologicamente ed appariva, per quanto finora noto, non interessata da strutture di articolazione del perimetro fortificato presenti in tutti gli altri prospetti del complesso.
La documentazione archeologica ha, viceversa, messo in evidenza la presenza, anche in questo lato del complesso, di alcune strutture murarie che contenevano le murature principali e spezzando il pendio, articolavano le opere di difesa.

Sono state inoltre portate in luce le strutture residuali di una cisterna fognaria, riferibile ad una fase avanzata di sviluppo dei corpi residenziali nel settore settentrionale del complesso e ad essi funzionale, che ha restituito alcuni materiali ceramici e reperti ossei che costituiscono un limitatissimo ma prezioso contesto per la ricostruzione materiale di alcune delle fasi di vita del castello.

Per le necessità logistiche connesse al cantiere edile (legate prevalentemente alle difficili condizioni di lavoro per i mezzi meccanici e di smaltimento del terreno), lo scavo è stato condotto progressivamente da est verso ovest.     

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’area settentrionale del castello, ha consentito di approfondire le conoscenze sull’organizzazione delle porzioni esterne alla cortina principale, acquisendo dati di un’area finora rimasta esclusa dalle conoscenze.

Sono state documentate alcune strutture murarie che articolavano l’area esterna, organizzando e terrazzando il pendio in cortine concentriche, gerarchicamente inferiori alla cinta sommitale, ma destinate all’accrescimento ed al potenziamento delle difese. Tale sistema, ancora in gran parte riconoscibile nelle altre porzioni del complesso, doveva risultare strettamente collegato al sistema di avvicinamento ed accesso al castello, che, chiarito dalle recenti indagini nella porzione occidentale, rimane ancora di non chiara interpretazione proprio in quella orientale, ove il crollo e la ricostruzione di parte delle strutture in corrispondenza del varco d’ingresso alla corte rustica, non consente, ad oggi, di comprendere completamente l’originaria organizzazione.
I rischi di crollo delle porzioni sommitali della muratura orientale, gravemente decoesionate, ha purtroppo impedito il proseguimento dello scavo in prossimità del varco di accesso orientale, impedendo il collegamento certo delle strutture rinvenute con quanto, seppure modificato, risulta ancora in luce.

Nella porzione occidentale dell’area settentrionale, sono state portate in luce le strutture residuali di una cisterna a perdere, connessa ad una latrina aggettante rispetto al prospetto settentrionale del castello. La struttura, che presenta una fase d’uso databile fra la metà del XVII ed il XVIII secolo, venne sostituita, nei primi decenni del secolo XX, da una vasca in calcestruzzo.
Musealizzazione e allestimenti

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Valorizzazione del contesto

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

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2012 TN, Campodenno, Castel Belasi, in corso

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Anno del progetto:   2012
Tn, Campodenno, via Castel Belasi, 38010

Committente: Comune di Campodenno, Tn

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso. La cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, rintracciabile spesso sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di edifici di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa.

Altri CASTELLI: Castel Corona, Rocca di Monselice, Castello Cini.

 

Progettazione

Lavorare sui punti di forza

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso, dei quali la cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, le cui tracce risultano in alcuni casi ancora ben riconoscibili sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di differenti corpi di fabbrica spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa. Tali edifici, di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, si organizzano in due distinti nuclei principali: quello centro settentrionale, costituito dalla torre principale del complesso, il mastio, dagli edifici ad essa addossati e dal complesso degli edifici settentrionali interni, ed in un solo caso esterni, alla cinta sommitale, che costituiscono il nucleo insediativo più antico del castello e che hanno tutti mantenuto nel tempo una funzione residenziale; quello meridionale, più tardo del precedente, addossato ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, che ebbero storicamente una funzione prevalentemente “rustica”. Tale gruppo di edifici, anch’essi cronologicamente disomogenei e frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati, pur presentando una parentesi residenziale testimoniata dalle ampie finestre del primo e del secondo livello, riacquisì e mantenne, fino alla defunzionalizzazione novecentesca del complesso, funzioni agricole e rurali.
I corpi residenziali centrali e settentrionali, con l’intervento di restauro, acquisiscono una destinazione d’uso pubblica a sede espositiva, culturale, di rappresentanza comunale, mentre i corpi rustici meridionali sono destinati all’accoglienza turistica.
Gli interventi sulle mura di fortificazione sommitale riguardano l’intera cortina difensiva, ad esclusione delle porzioni sommitali già oggetto di un intervento di somma urgenza, gli apparati a sporgere (bertesche), e le porte di accesso.
Gli interventi progettati sono tutti finalizzati al massimo recupero ed alla massima valorizzazione delle preesistenze storico-monumentali, anche se solo residuali, ed intendono garantire la conservazione futura del bene e favorire la fruizione e la comprensione del patrimonio conservato:  l’esecuzione degli interventi è, infatti, impostata su tali finalità.
Il progetto si fonda su un’accurata analisi del manufatto e delle sue strutture funzionali per  individuarne i punti di forza, le particolarità, le modificazioni succedutesi, nonché le vicende che hanno ridotto lo spessore storico-monumentale del complesso o compromesso l’unità  architettonico-funzionale. L’attività di progettazione ha perciò preso avvio dal riconoscimento del grande valore storico che l’architettura pluristratificata del castello offriva nella sua formazione diacronica, rifiutando a priori ogni tentazione di accontentarsi di raggiungere, nel recupero, una sola “estetica di superficie”, o di limitarsi a considerare i corpi di fabbrica del complesso quali meri volumi edilizi.
In coerenza con il distributivo originale, si sono ripristinati anche elementi funzionali non conservati, sulla base delle esigenze e delle destinazioni d’uso, nel rispetto del patrimonio esistente e al fine di valorizzare il sito attraverso l’apertura al pubblico e l’accoglienza dei visitatori che, nei corpi rustici meridionali del complesso, è di tipo  extra-alberghiero.
Il progetto ha inoltre perseguito la massima flessibilità distributiva, per rispondere, con minimo impegno economico, a future variazione delle esigenze funzionali cui l’opera è destinata.
E’ stato perseguito il recupero di quei caratteri costituenti lo spessore monumentale del complesso, quindi la capacità di trasmissione della  memoria storica.
L’intervento ha previsto l’utilizzo di materiali e metodologie compatibili che garantiscono la valorizzazione della struttura e non ne diminuiscono il valore edilizio e monumentale.
Tutti i materiali incompatibili inseriti nel complesso nel corso delle sue trasformazioni sono stati  sostituiti con altri di adeguata compatibilità. Sono perciò stati adottati una serie di materiali e di tipologie che, rifuggendo la riproposizione “in stile” di elementi per i quali manca, anche a livello storico-iconografico, qualunque riferimento, mantenessero saldo il principio della riconoscibilità dei nuovi elementi rispetto agli antichi.
Direzione lavori

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Coordinamento alla sicurezza

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Rilievo

Rilevare a tutto tondo

Nucleo dell’intera opera di documentazione è stata la realizzazione di una base di riferimento strumentale ed ortofotografica, che consentisse la caratterizzazione dettagliata dei prospetti e costituisse una solida base di riferimento per ogni successiva operazione di registrazione dei dati ottenuti dall’analisi e dall’eventuale monitoraggio delle strutture e un puntuale riferimento per tutte le attività progettuali legate al recupero ed alla conservazione delle superfici.
Per l’esecuzione di tale operazione è stato eseguito il rilievo strumentale mediante stazione totale dei  principali prospetti del complesso, con la realizzazione di un reticolo metrico georeferenziato sulle murature, collegato alla rete topografica generale.
Tutte le riprese fotografiche sono state successivamente trattate con appositi programmi di fotoraddrizzamento e fotomosaicatura, ottenendo così immagini unitarie ed in scala metrica dei diversi prospetti analizzati.
Il costante utilizzo, in tutte le fasi di acquisizione dei dati in cantiere, di una stazione totale ha consentito il collegamento di tutti i prospetti interni ed esterni rispetto alla quota zero di riferimento, scelta nella soglia dell’ingresso orientale aperta nella cortina principale della fortezza, di accesso alla cosiddetta “corte rustica”.
I fotopiani così ottenuti sono quindi stati inseriti sulla base grafica di riferimento precedentemente ottenuta dal rilevamento strumentale.
In questo modo è possibile ottenere la sovrapposizione degli elementi principali del rilievo sulle ortofotografie in scala, realizzando così un dettagliatissimo rilievo materico delle superfici, base fondamentale per ogni successiva rielaborazione e per l’inserimento grafico di informazioni di tipo diagnostico e progettuale. Si è così ottenuta, inoltre, una insostituibile e puntuale base di computazione metrica degli interventi di conservazione.
Nel corso delle operazioni di rilevamento strumentale si è inoltre operata la  lettura degli scostamenti dalla verticalità in punti notevoli del complesso; tali dati sono quindi stati oggetto di analisi e rielaborazione, ottenendone così specifici elaborati grafici di riferimento.
E’ stata anche eseguita una caratterizzazione planialtimetrica dell’intorno per realizzare una rete topografica  d’inquadramento, per collegare strumentalmente e rendere omogenee e coerenti tutte le operazioni di misurazione eseguite all’interno o all’esterno del complesso, identificate in un unico spazio tridimensionale in relazione alla quota zero di origine.
Analisi del degrado

Analizzare per conoscere

Il progetto di conservazione ha preso avvio da una dettagliata analisi del degrado per  individuare e mappare tutti i fenomeni degenerativi in atto, identificando parallelamente le metodologie ed i prodotti di maggior efficacia per la risoluzione delle patologie.
L’analisi delle principali patologie di degrado rilevabili è derivata dall’analisi diretta delle murature. L’approfondimento è stato proporzionale all’accessibilità ed alla leggibilità delle differenti porzioni murarie. Le risultanze delle indagini, decodificate secondo il lessico e le convenzioni NORMAL, hanno consentito la realizzazione di una mappatura grafica generale, che è stata quindi inserita sul rilievo ortofotografico precedentemente ottenuto.
Tale analisi, che potrà avere ulteriori, successivi approfondimenti in base a migliorate condizioni di accessibilità e ad analisi ravvicinata delle diverse porzioni murarie, costituisce un importante riferimento sullo stato di conservazione attuale delle superfici.


Murature
Il recupero sia strutturale che conservativo di tutte le murature e di tutte le superfici conservate sono stati perseguiti secondo i canoni e le regole degli interventi su strutture storico-monumentali vincolate, in totale accordo con le indicazioni e con i pareri precedentemente forniti dalla competente Soprintendenza.
L’intervento è finalizzato all’eliminazione delle principali cause di degrado e di eventuali elementi o rifiniture/trattamenti incompatibili, al consolidamento di quanto conservato, al ripristino delle condizioni originarie di resistenza meccanica e di rifinitura ed al consolidamento e protezione delle strutture orizzontali e verticali, attraverso metodologie compatibili e ripristino degli originari sistemi di protezione.

Superfici
Il progetto di restauro delle superfici parte dall’analisi dello stato conservativo di quanto conservato, direttamente e dettagliatamente verificato in cantiere,  rispettando il principio del minimo intervento, con attenzione nei confronti del recupero e dell’evidenziazione delle superfici di pregio, restituendo una facile leggibilità al fruitore senza inficiare la caratterizzazione di ciascun vano. Il restauro estetico delle superfici è stato condotto sulla base delle originali destinazioni d’uso e dello stato conservativo.

Il restauro delle superfici lapidee
Gli interventi previsti sono principalmente di pulitura, di consolidamento e di integrazione materica, per il raggiungimento di condizioni generali che ne garantiscano la conservazione e l’idonea funzionalità.
Gli interventi generali sono di preconsolidamento tessiturale, la rimozione di stuccature incompatibili, di conglomerati cementizi e/o diversi dagli originari, la pulitura a secco eseguita manualmente mediante l’utilizzo di pennellesse, bisturi o vibroincisore; il trattamento biocida  mediante applicazione di specifico biocida a largo spettro d’azione diluito; la pulitura umida mediante sistema di lavaggio con acqua atomizzata deionizzata, e  spazzolatura con pennelli in fibra di nylon o naturali.

Le pavimentazioni lignee
Le pavimentazioni lignee conservate all’interno degli ambienti oggetto d’intervento sono di due tipi: gli assiti più antichi, anteriori alla seconda metà del XIX secolo , sono caratterizzati da listellature ricorrenti campite da tavolato di dimensioni limitate che realizza pennellature quadrangolari; quelli più recenti, successivi alla fine del XIX secolo sono invece  caratterizzati da tavole di buona lunghezza riquadrate da un’unica, ampia fascia perimetrale, normalmente accentuata con l’interposizione di un’essenza lignea diversa.
Gli assiti lignei più antichi sono mediamente abbondantemente lacunosi e caratterizzati da un peggiore stato di conservazione.

Le pavimentazioni in laterizio
Esistono due tipologie di pavimentazioni in laterizio: quelle realizzate in tavelle ed allettate e stilate con malta di calce e quelle realizzate di quadroni laterizi di buon spessore e messe in opera in aderenza in assenza di stilatura dei giunti. Il primo tipo sarà oggetto di restauro conservativo in opera, mentre quelle del secondo tipo, che sopportano lo smontaggio, verranno rimosse e rimesse in opera.

Le pavimentazioni in battuto di calce
Le pavimentazioni in battuto di calce è stata restaurata con il preconsolidamento delle porzioni labili; con la rimozione di risarcimenti incompatibili eseguita manualmente; con la pulizia delle superfici mediante frizione a secco ed umida con spazzole morbide ed rimozione delle polveri e dei depositi mediante pennellesse; con il consolidamento superficiale ottenuto mediante imbibizione con silicato di etile a bassa concentrazione; con eventuale consolidamento ad iniezione in corrispondenza di lesioni  o sbollature,  eseguito con malte di calce ad alto potere adesivante;  l’incollaggio degli inerti distaccati mediante allettamento con malta di cromia e granulometria simile all’originale,  a base di calce desalinizzata; la stuccatura delle lesioni e delle lacune con malta di cromia e granulometria ed impasto simile all’originale; il risarcimento di lacune realizzato con battuto di calce ed inerti di pezzatura e tipologia simile all’originale; la lucidatura manuale e l’esecuzione di trattamento protettivo finale mediante stesura di prodotti specifici tipo olio di lino.
Il restauro degli elementi lignei
Gli elementi lignei sono stati restaurati dopo aver rimosso i depositi incoerenti, con il trattamento antitarlo e antifungo fino a rifiuto. Il consolidamento è stato eseguito  con siringa di collanti organici ed eventuale consolidamento tessiturale mediante imbibizione di resine apposite. E’ stata quindi realizzata la pulitura chimica e meccanica di eventuali polveri grasse, fumi, vernici, fissativi e ravvivanti, stuccature debordanti sulla superficie e ridipinture, succeduta dalla stuccatura di piccole lesioni o lacune con stucco a base di gesso Bologna, leganti organici e terra colorata. Le porzioni ammalorate sono state sostituite mediante la realizzazione di tasselli di uguale essenza con elementi lignei di riutilizzo, la verifica e l’eventuale adattamento e regolazione di chiodature, cardini o elementi metallici; la pulitura ed il trattamento passivante della ferramenta originale; la mordenzatura  mimetica, il trattamento finale protettivo a cera e/o a gommalacca.
Le cornici lignee degli infissi dovranno essere predisposte per sopportare la successiva messa in opera funzionale delle rispettive porte e finestre.

Il restauro degli elementi metallici
Tutti gli elementi metallici presenti sono stati oggetto di pulitura superficiale per la rimozione dei depositi incoerenti. Sulla superficie perfettamente ripulita è stato applicato idoneo prodotto inibitore e convertitore dell’ossidazione.
Analisi strutturale

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Indagini diagnostiche

Lavorare sui punti strategici

I sondaggi di scavo, distribuiti nell’ambito dell’intera area interessata dalle fortificazioni, erano localizzati in punti strategici del complesso ed avevano la finalità di definire quote d’utilizzo antico e loro variazioni, caratteristiche fisiche di piani pavimentali e strutture di fondazione e, più in generale, una conoscenza diretta delle principali casistiche della stratificazione antropica presente all’interno del complesso.
Sono perciò stati eseguiti “pozzetti stratigrafici” sia all’interno dei principali locali del piano terreno e del piano seminterrato dei diversi corpi di fabbrica che costituiscono il complesso, sia a ridosso dei principali perimetrali esterni degli stessi corpi di fabbrica o della cortina di delimitazione dell’area fortificata; in due soli casi sono stati eseguiti sondaggi all’esterno della cortina sommitale, uno per determinare la presenza di un acciottolato in corrispondenza del percorso di avvicinamento alla porta orientale della cinta sommitale ed uno per indagare, nella porzione meridionale del complesso, l’organizzazione originaria della linea secondaria di fortificazione, definita impropriamente “rivellino”.
Nella definizione dei corpi di fabbrica, per facilitare l’incrocio delle risultanze delle indagini, è stata mantenuta la definizione in vani presente nel progetto diagnostico.
Tutti i sondaggi sono stati collegati altimetricamente con l’ausilio di una stazione totale ad uno “zero di riferimento”, eletto in corrispondenza della soglia lapidea  del portale orientale che consente l’attraversamento della cortina sommitale di fortificazione.
I sondaggi, nel progetto diagnostico, erano distinti in due gruppi: quelli da eseguirsi direttamente e quelli da eseguire a seguito della messa in sicurezza del complesso. Di questi ultimi è stato possibile eseguire unicamente il sondaggio in corrispondenza del perimetrale interno della porzione occidentale della cortina sommitale, mentre sono stati stralciati  i sondaggi previsti in corrispondenza della porzione interna alla porta occidentale della cinta sommitale che avrebbe creato difficoltà logistiche al cantiere e quello in corrispondenza del terrapieno delimitato dal perimetrale meridionale della cinta secondaria (rivellino), stralciato per motivi di sicurezza (di fatto rimandato ad altra campagna d’indagine) in assenza della messa in sicurezza della porzione muraria a meridione dello stesso, che risultava prossima al collasso.
Storia e stratigrafia del costruito

Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.
Indagini archeologiche

Confrontare per progettare

I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali  trasformazioni del complesso.

Il controllo archeologico, connesso ai lavori per la realizzazione di una “scogliera” di rinforzo del versante del castello, è stato eseguito in una allungata area che si sviluppava, pochi metri a valle della cinta sommitale, parallelamente al muro di fortificazione e che ne seguiva, perciò, l’andamento.

L’area, settentrionale, non ancora indagata archeologicamente nell’ambito delle estese campagne d’indagine per la conoscenza del complesso fino ad ora realizzate, risultava fortemente disturbata da precedenti interventi edilizi riconducibili all’età moderna.

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’autunno 2009 e la relativa analisi e documentazione delle emergenze archeologiche, è stata eseguita, in affiancamento alle operazioni edili relative alla realizzazione della citata “scogliera” di contenimento del versante.

Nella documentazione archeologica dell’intervento è stata utilizzata, in logica continuazione con la campagna eseguita nel 2008, una numerazione delle unità stratigrafiche a partire da US 5100 per poi accrescersi, di centinaio in centinaio, per ogni spostamento di settore nel l’ampio contesto di scavo.

L’intervento archeologico ha visto il controllo e la documentazione delle evidenze archeologiche di uno scavo realizzato in una fascia compresa tra la cintura di micropali e il piede della cortina del castello, con impiego di mezzo meccanico, in un’area caratterizzata da un consistente dislivello altimetrico.

La strategia operativa adottata ha visto il controllo diretto allo scavo (in parte condotto all’interno di sezioni di scavo precedentemente realizzati), l’esposizione di alcune aree significative, ove sono state ricavate sezioni rappresentative dei depositi conservati, lo scavo archeologico diretto di approfondimento per la conoscenza e l’interpretazione di alcuni depositi e di alcune strutture riportate in luce, ed, infine, la documentazione archeologica di quanto individuato.

Come già detto l’area settentrionale esterna alla cinta risultava non ancora indagata o documentata archeologicamente ed appariva, per quanto finora noto, non interessata da strutture di articolazione del perimetro fortificato presenti in tutti gli altri prospetti del complesso.
La documentazione archeologica ha, viceversa, messo in evidenza la presenza, anche in questo lato del complesso, di alcune strutture murarie che contenevano le murature principali e spezzando il pendio, articolavano le opere di difesa.

Sono state inoltre portate in luce le strutture residuali di una cisterna fognaria, riferibile ad una fase avanzata di sviluppo dei corpi residenziali nel settore settentrionale del complesso e ad essi funzionale, che ha restituito alcuni materiali ceramici e reperti ossei che costituiscono un limitatissimo ma prezioso contesto per la ricostruzione materiale di alcune delle fasi di vita del castello.

Per le necessità logistiche connesse al cantiere edile (legate prevalentemente alle difficili condizioni di lavoro per i mezzi meccanici e di smaltimento del terreno), lo scavo è stato condotto progressivamente da est verso ovest.     

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’area settentrionale del castello, ha consentito di approfondire le conoscenze sull’organizzazione delle porzioni esterne alla cortina principale, acquisendo dati di un’area finora rimasta esclusa dalle conoscenze.

Sono state documentate alcune strutture murarie che articolavano l’area esterna, organizzando e terrazzando il pendio in cortine concentriche, gerarchicamente inferiori alla cinta sommitale, ma destinate all’accrescimento ed al potenziamento delle difese. Tale sistema, ancora in gran parte riconoscibile nelle altre porzioni del complesso, doveva risultare strettamente collegato al sistema di avvicinamento ed accesso al castello, che, chiarito dalle recenti indagini nella porzione occidentale, rimane ancora di non chiara interpretazione proprio in quella orientale, ove il crollo e la ricostruzione di parte delle strutture in corrispondenza del varco d’ingresso alla corte rustica, non consente, ad oggi, di comprendere completamente l’originaria organizzazione.
I rischi di crollo delle porzioni sommitali della muratura orientale, gravemente decoesionate, ha purtroppo impedito il proseguimento dello scavo in prossimità del varco di accesso orientale, impedendo il collegamento certo delle strutture rinvenute con quanto, seppure modificato, risulta ancora in luce.

Nella porzione occidentale dell’area settentrionale, sono state portate in luce le strutture residuali di una cisterna a perdere, connessa ad una latrina aggettante rispetto al prospetto settentrionale del castello. La struttura, che presenta una fase d’uso databile fra la metà del XVII ed il XVIII secolo, venne sostituita, nei primi decenni del secolo XX, da una vasca in calcestruzzo.
Musealizzazione e allestimenti

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Valorizzazione del contesto

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

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Noi siamo come dei nani sulle spalle dei giganti. Vediamo quindi un numero maggiore di cose degli antichi, perché essi ci sollevano e ci innalzano di tutta la loro gigantesca altezza.

Bernardo di Chartres

2012 TN, Campodenno, Castel Belasi, in corso

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Anno del progetto:   2012
Tn, Campodenno, via Castel Belasi, 38010

Committente: Comune di Campodenno, Tn

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso. La cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, rintracciabile spesso sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di edifici di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa.

Altri CASTELLI: Castel Corona, Rocca di Monselice, Castello Cini.

 

Progettazione

Lavorare sui punti di forza

E’ un’ampia fortificazione pluristratificata, articolata in una serie di circuiti difensivi concentrici, interrotti da sistemi fortificati di accesso, dei quali la cortina sommitale, elemento principale, frutto di un complesso  processo di crescita e modificazione, le cui tracce risultano in alcuni casi ancora ben riconoscibili sulle superfici murarie, cinge un denso aggregato di differenti corpi di fabbrica spesso in addosso alla parte interna della cortina stessa. Tali edifici, di differenti periodi storici e sistematicamente trasformati ed adattati, si organizzano in due distinti nuclei principali: quello centro settentrionale, costituito dalla torre principale del complesso, il mastio, dagli edifici ad essa addossati e dal complesso degli edifici settentrionali interni, ed in un solo caso esterni, alla cinta sommitale, che costituiscono il nucleo insediativo più antico del castello e che hanno tutti mantenuto nel tempo una funzione residenziale; quello meridionale, più tardo del precedente, addossato ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, che ebbero storicamente una funzione prevalentemente “rustica”. Tale gruppo di edifici, anch’essi cronologicamente disomogenei e frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati, pur presentando una parentesi residenziale testimoniata dalle ampie finestre del primo e del secondo livello, riacquisì e mantenne, fino alla defunzionalizzazione novecentesca del complesso, funzioni agricole e rurali.
I corpi residenziali centrali e settentrionali, con l’intervento di restauro, acquisiscono una destinazione d’uso pubblica a sede espositiva, culturale, di rappresentanza comunale, mentre i corpi rustici meridionali sono destinati all’accoglienza turistica.
Gli interventi sulle mura di fortificazione sommitale riguardano l’intera cortina difensiva, ad esclusione delle porzioni sommitali già oggetto di un intervento di somma urgenza, gli apparati a sporgere (bertesche), e le porte di accesso.
Gli interventi progettati sono tutti finalizzati al massimo recupero ed alla massima valorizzazione delle preesistenze storico-monumentali, anche se solo residuali, ed intendono garantire la conservazione futura del bene e favorire la fruizione e la comprensione del patrimonio conservato:  l’esecuzione degli interventi è, infatti, impostata su tali finalità.
Il progetto si fonda su un’accurata analisi del manufatto e delle sue strutture funzionali per  individuarne i punti di forza, le particolarità, le modificazioni succedutesi, nonché le vicende che hanno ridotto lo spessore storico-monumentale del complesso o compromesso l’unità  architettonico-funzionale. L’attività di progettazione ha perciò preso avvio dal riconoscimento del grande valore storico che l’architettura pluristratificata del castello offriva nella sua formazione diacronica, rifiutando a priori ogni tentazione di accontentarsi di raggiungere, nel recupero, una sola “estetica di superficie”, o di limitarsi a considerare i corpi di fabbrica del complesso quali meri volumi edilizi.
In coerenza con il distributivo originale, si sono ripristinati anche elementi funzionali non conservati, sulla base delle esigenze e delle destinazioni d’uso, nel rispetto del patrimonio esistente e al fine di valorizzare il sito attraverso l’apertura al pubblico e l’accoglienza dei visitatori che, nei corpi rustici meridionali del complesso, è di tipo  extra-alberghiero.
Il progetto ha inoltre perseguito la massima flessibilità distributiva, per rispondere, con minimo impegno economico, a future variazione delle esigenze funzionali cui l’opera è destinata.
E’ stato perseguito il recupero di quei caratteri costituenti lo spessore monumentale del complesso, quindi la capacità di trasmissione della  memoria storica.
L’intervento ha previsto l’utilizzo di materiali e metodologie compatibili che garantiscono la valorizzazione della struttura e non ne diminuiscono il valore edilizio e monumentale.
Tutti i materiali incompatibili inseriti nel complesso nel corso delle sue trasformazioni sono stati  sostituiti con altri di adeguata compatibilità. Sono perciò stati adottati una serie di materiali e di tipologie che, rifuggendo la riproposizione “in stile” di elementi per i quali manca, anche a livello storico-iconografico, qualunque riferimento, mantenessero saldo il principio della riconoscibilità dei nuovi elementi rispetto agli antichi.
Direzione lavori

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Coordinamento alla sicurezza

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Rilievo

Rilevare a tutto tondo

Nucleo dell’intera opera di documentazione è stata la realizzazione di una base di riferimento strumentale ed ortofotografica, che consentisse la caratterizzazione dettagliata dei prospetti e costituisse una solida base di riferimento per ogni successiva operazione di registrazione dei dati ottenuti dall’analisi e dall’eventuale monitoraggio delle strutture e un puntuale riferimento per tutte le attività progettuali legate al recupero ed alla conservazione delle superfici.
Per l’esecuzione di tale operazione è stato eseguito il rilievo strumentale mediante stazione totale dei  principali prospetti del complesso, con la realizzazione di un reticolo metrico georeferenziato sulle murature, collegato alla rete topografica generale.
Tutte le riprese fotografiche sono state successivamente trattate con appositi programmi di fotoraddrizzamento e fotomosaicatura, ottenendo così immagini unitarie ed in scala metrica dei diversi prospetti analizzati.
Il costante utilizzo, in tutte le fasi di acquisizione dei dati in cantiere, di una stazione totale ha consentito il collegamento di tutti i prospetti interni ed esterni rispetto alla quota zero di riferimento, scelta nella soglia dell’ingresso orientale aperta nella cortina principale della fortezza, di accesso alla cosiddetta “corte rustica”.
I fotopiani così ottenuti sono quindi stati inseriti sulla base grafica di riferimento precedentemente ottenuta dal rilevamento strumentale.
In questo modo è possibile ottenere la sovrapposizione degli elementi principali del rilievo sulle ortofotografie in scala, realizzando così un dettagliatissimo rilievo materico delle superfici, base fondamentale per ogni successiva rielaborazione e per l’inserimento grafico di informazioni di tipo diagnostico e progettuale. Si è così ottenuta, inoltre, una insostituibile e puntuale base di computazione metrica degli interventi di conservazione.
Nel corso delle operazioni di rilevamento strumentale si è inoltre operata la  lettura degli scostamenti dalla verticalità in punti notevoli del complesso; tali dati sono quindi stati oggetto di analisi e rielaborazione, ottenendone così specifici elaborati grafici di riferimento.
E’ stata anche eseguita una caratterizzazione planialtimetrica dell’intorno per realizzare una rete topografica  d’inquadramento, per collegare strumentalmente e rendere omogenee e coerenti tutte le operazioni di misurazione eseguite all’interno o all’esterno del complesso, identificate in un unico spazio tridimensionale in relazione alla quota zero di origine.
Analisi del degrado

Analizzare per conoscere

Il progetto di conservazione ha preso avvio da una dettagliata analisi del degrado per  individuare e mappare tutti i fenomeni degenerativi in atto, identificando parallelamente le metodologie ed i prodotti di maggior efficacia per la risoluzione delle patologie.
L’analisi delle principali patologie di degrado rilevabili è derivata dall’analisi diretta delle murature. L’approfondimento è stato proporzionale all’accessibilità ed alla leggibilità delle differenti porzioni murarie. Le risultanze delle indagini, decodificate secondo il lessico e le convenzioni NORMAL, hanno consentito la realizzazione di una mappatura grafica generale, che è stata quindi inserita sul rilievo ortofotografico precedentemente ottenuto.
Tale analisi, che potrà avere ulteriori, successivi approfondimenti in base a migliorate condizioni di accessibilità e ad analisi ravvicinata delle diverse porzioni murarie, costituisce un importante riferimento sullo stato di conservazione attuale delle superfici.


Murature
Il recupero sia strutturale che conservativo di tutte le murature e di tutte le superfici conservate sono stati perseguiti secondo i canoni e le regole degli interventi su strutture storico-monumentali vincolate, in totale accordo con le indicazioni e con i pareri precedentemente forniti dalla competente Soprintendenza.
L’intervento è finalizzato all’eliminazione delle principali cause di degrado e di eventuali elementi o rifiniture/trattamenti incompatibili, al consolidamento di quanto conservato, al ripristino delle condizioni originarie di resistenza meccanica e di rifinitura ed al consolidamento e protezione delle strutture orizzontali e verticali, attraverso metodologie compatibili e ripristino degli originari sistemi di protezione.

Superfici
Il progetto di restauro delle superfici parte dall’analisi dello stato conservativo di quanto conservato, direttamente e dettagliatamente verificato in cantiere,  rispettando il principio del minimo intervento, con attenzione nei confronti del recupero e dell’evidenziazione delle superfici di pregio, restituendo una facile leggibilità al fruitore senza inficiare la caratterizzazione di ciascun vano. Il restauro estetico delle superfici è stato condotto sulla base delle originali destinazioni d’uso e dello stato conservativo.

Il restauro delle superfici lapidee
Gli interventi previsti sono principalmente di pulitura, di consolidamento e di integrazione materica, per il raggiungimento di condizioni generali che ne garantiscano la conservazione e l’idonea funzionalità.
Gli interventi generali sono di preconsolidamento tessiturale, la rimozione di stuccature incompatibili, di conglomerati cementizi e/o diversi dagli originari, la pulitura a secco eseguita manualmente mediante l’utilizzo di pennellesse, bisturi o vibroincisore; il trattamento biocida  mediante applicazione di specifico biocida a largo spettro d’azione diluito; la pulitura umida mediante sistema di lavaggio con acqua atomizzata deionizzata, e  spazzolatura con pennelli in fibra di nylon o naturali.

Le pavimentazioni lignee
Le pavimentazioni lignee conservate all’interno degli ambienti oggetto d’intervento sono di due tipi: gli assiti più antichi, anteriori alla seconda metà del XIX secolo , sono caratterizzati da listellature ricorrenti campite da tavolato di dimensioni limitate che realizza pennellature quadrangolari; quelli più recenti, successivi alla fine del XIX secolo sono invece  caratterizzati da tavole di buona lunghezza riquadrate da un’unica, ampia fascia perimetrale, normalmente accentuata con l’interposizione di un’essenza lignea diversa.
Gli assiti lignei più antichi sono mediamente abbondantemente lacunosi e caratterizzati da un peggiore stato di conservazione.

Le pavimentazioni in laterizio
Esistono due tipologie di pavimentazioni in laterizio: quelle realizzate in tavelle ed allettate e stilate con malta di calce e quelle realizzate di quadroni laterizi di buon spessore e messe in opera in aderenza in assenza di stilatura dei giunti. Il primo tipo sarà oggetto di restauro conservativo in opera, mentre quelle del secondo tipo, che sopportano lo smontaggio, verranno rimosse e rimesse in opera.

Le pavimentazioni in battuto di calce
Le pavimentazioni in battuto di calce è stata restaurata con il preconsolidamento delle porzioni labili; con la rimozione di risarcimenti incompatibili eseguita manualmente; con la pulizia delle superfici mediante frizione a secco ed umida con spazzole morbide ed rimozione delle polveri e dei depositi mediante pennellesse; con il consolidamento superficiale ottenuto mediante imbibizione con silicato di etile a bassa concentrazione; con eventuale consolidamento ad iniezione in corrispondenza di lesioni  o sbollature,  eseguito con malte di calce ad alto potere adesivante;  l’incollaggio degli inerti distaccati mediante allettamento con malta di cromia e granulometria simile all’originale,  a base di calce desalinizzata; la stuccatura delle lesioni e delle lacune con malta di cromia e granulometria ed impasto simile all’originale; il risarcimento di lacune realizzato con battuto di calce ed inerti di pezzatura e tipologia simile all’originale; la lucidatura manuale e l’esecuzione di trattamento protettivo finale mediante stesura di prodotti specifici tipo olio di lino.
Il restauro degli elementi lignei
Gli elementi lignei sono stati restaurati dopo aver rimosso i depositi incoerenti, con il trattamento antitarlo e antifungo fino a rifiuto. Il consolidamento è stato eseguito  con siringa di collanti organici ed eventuale consolidamento tessiturale mediante imbibizione di resine apposite. E’ stata quindi realizzata la pulitura chimica e meccanica di eventuali polveri grasse, fumi, vernici, fissativi e ravvivanti, stuccature debordanti sulla superficie e ridipinture, succeduta dalla stuccatura di piccole lesioni o lacune con stucco a base di gesso Bologna, leganti organici e terra colorata. Le porzioni ammalorate sono state sostituite mediante la realizzazione di tasselli di uguale essenza con elementi lignei di riutilizzo, la verifica e l’eventuale adattamento e regolazione di chiodature, cardini o elementi metallici; la pulitura ed il trattamento passivante della ferramenta originale; la mordenzatura  mimetica, il trattamento finale protettivo a cera e/o a gommalacca.
Le cornici lignee degli infissi dovranno essere predisposte per sopportare la successiva messa in opera funzionale delle rispettive porte e finestre.

Il restauro degli elementi metallici
Tutti gli elementi metallici presenti sono stati oggetto di pulitura superficiale per la rimozione dei depositi incoerenti. Sulla superficie perfettamente ripulita è stato applicato idoneo prodotto inibitore e convertitore dell’ossidazione.
Analisi strutturale

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Indagini diagnostiche

Lavorare sui punti strategici

I sondaggi di scavo, distribuiti nell’ambito dell’intera area interessata dalle fortificazioni, erano localizzati in punti strategici del complesso ed avevano la finalità di definire quote d’utilizzo antico e loro variazioni, caratteristiche fisiche di piani pavimentali e strutture di fondazione e, più in generale, una conoscenza diretta delle principali casistiche della stratificazione antropica presente all’interno del complesso.
Sono perciò stati eseguiti “pozzetti stratigrafici” sia all’interno dei principali locali del piano terreno e del piano seminterrato dei diversi corpi di fabbrica che costituiscono il complesso, sia a ridosso dei principali perimetrali esterni degli stessi corpi di fabbrica o della cortina di delimitazione dell’area fortificata; in due soli casi sono stati eseguiti sondaggi all’esterno della cortina sommitale, uno per determinare la presenza di un acciottolato in corrispondenza del percorso di avvicinamento alla porta orientale della cinta sommitale ed uno per indagare, nella porzione meridionale del complesso, l’organizzazione originaria della linea secondaria di fortificazione, definita impropriamente “rivellino”.
Nella definizione dei corpi di fabbrica, per facilitare l’incrocio delle risultanze delle indagini, è stata mantenuta la definizione in vani presente nel progetto diagnostico.
Tutti i sondaggi sono stati collegati altimetricamente con l’ausilio di una stazione totale ad uno “zero di riferimento”, eletto in corrispondenza della soglia lapidea  del portale orientale che consente l’attraversamento della cortina sommitale di fortificazione.
I sondaggi, nel progetto diagnostico, erano distinti in due gruppi: quelli da eseguirsi direttamente e quelli da eseguire a seguito della messa in sicurezza del complesso. Di questi ultimi è stato possibile eseguire unicamente il sondaggio in corrispondenza del perimetrale interno della porzione occidentale della cortina sommitale, mentre sono stati stralciati  i sondaggi previsti in corrispondenza della porzione interna alla porta occidentale della cinta sommitale che avrebbe creato difficoltà logistiche al cantiere e quello in corrispondenza del terrapieno delimitato dal perimetrale meridionale della cinta secondaria (rivellino), stralciato per motivi di sicurezza (di fatto rimandato ad altra campagna d’indagine) in assenza della messa in sicurezza della porzione muraria a meridione dello stesso, che risultava prossima al collasso.
Storia e stratigrafia del costruito

Castel Belasi, un’isola tirolese in terra trentina.

STORIA DEL CASTELLO

Il castello sorse agli inizi del XIV secolo come caposaldo della Contea del Tirolo nelle terre dei principi vescovi di Trento.  Per tutta la sua storia Castel Belasi ha costituito una sorta di “isola”  tirolese in terra trentina. I suoi primi feudatari furono i signori Rubein, della zona di Merano, e nel 1368 fu acquistato dalla famiglia Khuen che avrebbe legato indissolubilmente la sua storia a quella del castello, detto, infatti, “Khuen-Belasi”. Questa famiglia tra il XV e il XVI secolo, ormai una delle più ricche e potenti della regione, trasformarono il piccolo fortilizio di Castel Belasi in una magnifica fortezza, imponente e severa nelle sue mura esterne, quanto elegante nei suoi saloni finemente affrescati.
I Khuen detenevano importanti diritti sulle comunità rurali di Belasi e  ampliarono enormemente i loro possedimenti sulle campagne circostanti il maniero, centro di una proprietà fondiaria molto estesa, costruita da decine e decine d’ettari di campi, vigneti, prati e boschi.
Nel XVIII secolo i Khuen-Belasi, ottenuto anche il titolo di “Conti del Sacro Romano Impero”, continuarono l’opera d’abbellimento della loro fortezza, decorando i suoi interni con stucchi raffinati e splendide stufe di maiolica, secondo il gusto del tempo.
Durante l’Ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche e all’abolizione di tutti i privilegi nobiliari, il maniero inizio il suo triste declino, in quanto abbandonato e relegato al ruolo di residenza estiva.
Nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, i Khuen ritornarono stabilmente a Belasi per alcuni decenni fino agli anni ’50 quando venne abbandonato definitivamente.  Spogliato di tutti i suoi arredi, si avviò verso un degrado inarrestabile, fino al 2000, anno in cui tutto il complesso, con la vicina chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone è stato acquistato dal Comune di Campodenno, che ha ne avviato il restauro.

STRATIGRAFIA DEL CASTELLO

Si è eseguita l’analisi stratigrafica delle murature dei principali prospetti e dei corpi di fabbrica per  riconoscere e documentare le macro-fasi di edificazione e di trasformazione del complesso.
Il livello d’analisi raggiunto è stato  limitato da fattori, tra cui l’abbondante presenza di intonaci che ricoprono le murature, occultando molti degli interventi di trasformazione che nel corso dei secoli hanno interessato il complesso e inibendone così la lettura.
Si è perciò scelto di occuparsi dei rapporti stratigrafici principali fra corpi di fabbrica, operando una lettura di dettaglio delle murature nei soli prospetti liberi da intonaci. Nell’analisi dello sviluppo dei diversi corpi di fabbrica, l’individuazione e la documentazione dei rapporti stratigrafici è stata ottenuta anche attraverso la realizzazione di alcune localizzate finestre stratigrafiche, aperte negli intonaci in punti notevoli dell’edificio. In questo modo, con l’asportazione di limitate porzioni di intonaco e di malta di allettamento è stato possibile operare comunque una lettura diretta almeno dei rapporti stratigrafici fra le principali murature del complesso.
Al termine dell’intervento, le risultanze di tale analisi sono state elaborate graficamente e raccolte in apposite tavole di sintesi, che hanno utilizzato, quale supporto, le planimetrie fornite dall’Amministrazione ed i rilievi grafici ed ortofotografici precedentemente eseguiti.
I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le purtroppo scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali trasformazioni del complesso.
Le superfici murarie faccia a vista risultano nella gran parte dei casi interessate da trattamenti originari o soprammessi comunque in epoche storiche di sviluppo ed utilizzo del castello. Risulta fondamentale che tali elementi vengano sistematicamente preservati e mantenuti, e dovrà perciò essere evitata qualunque operazione che possa comprometterne qualità o quantità.
Gli edifici che compongono i corpi di fabbrica meridionali del castello sono  frutto di processi edificatori e di trasformazione stratificati nel tempo che le operazioni di restauro dovranno mantenere, ove evidenti, leggibili. La collocazione degli edifici, inoltre, in addosso ai perimetrali sud-orientali e meridionali della cortina sommitale, rende i vani interni di particolare interesse per la conoscenza del castello, conservando, soprattutto a livello sommitale, importanti testimonianze dei percorsi di ronda e dei sistemi difensivi e di avvistamento originari. L’intervento di restauro, pur adattando utilizzando gli spazi per le nuove destinazioni d’uso, intende valorizzare al massimo e rendere sempre riconoscibili le strutture storiche originarie.
Pur nella totale mancanza di manutenzione, nella progressiva decontestualizzazione storica del sistema fortificato e nelle riduzioni delle strutture maggiormente caratterizzate dal punto di vista difensivo, la cortina sommitale si presenta ancor oggi, con il mastio pentagonale, quale principale elemento di caratterizzazione del complesso.
Indagini archeologiche

Confrontare per progettare

I dati ottenuti dall’analisi stratigrafica sono quindi stati incrociati con i dati archeologici desunti dai sondaggi di scavo eseguiti nel corso del medesimo intervento e con le scarse informazioni storiche riconducibili a questioni edilizie, ottenendo una prima ricostruzione delle principali  trasformazioni del complesso.

Il controllo archeologico, connesso ai lavori per la realizzazione di una “scogliera” di rinforzo del versante del castello, è stato eseguito in una allungata area che si sviluppava, pochi metri a valle della cinta sommitale, parallelamente al muro di fortificazione e che ne seguiva, perciò, l’andamento.

L’area, settentrionale, non ancora indagata archeologicamente nell’ambito delle estese campagne d’indagine per la conoscenza del complesso fino ad ora realizzate, risultava fortemente disturbata da precedenti interventi edilizi riconducibili all’età moderna.

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’autunno 2009 e la relativa analisi e documentazione delle emergenze archeologiche, è stata eseguita, in affiancamento alle operazioni edili relative alla realizzazione della citata “scogliera” di contenimento del versante.

Nella documentazione archeologica dell’intervento è stata utilizzata, in logica continuazione con la campagna eseguita nel 2008, una numerazione delle unità stratigrafiche a partire da US 5100 per poi accrescersi, di centinaio in centinaio, per ogni spostamento di settore nel l’ampio contesto di scavo.

L’intervento archeologico ha visto il controllo e la documentazione delle evidenze archeologiche di uno scavo realizzato in una fascia compresa tra la cintura di micropali e il piede della cortina del castello, con impiego di mezzo meccanico, in un’area caratterizzata da un consistente dislivello altimetrico.

La strategia operativa adottata ha visto il controllo diretto allo scavo (in parte condotto all’interno di sezioni di scavo precedentemente realizzati), l’esposizione di alcune aree significative, ove sono state ricavate sezioni rappresentative dei depositi conservati, lo scavo archeologico diretto di approfondimento per la conoscenza e l’interpretazione di alcuni depositi e di alcune strutture riportate in luce, ed, infine, la documentazione archeologica di quanto individuato.

Come già detto l’area settentrionale esterna alla cinta risultava non ancora indagata o documentata archeologicamente ed appariva, per quanto finora noto, non interessata da strutture di articolazione del perimetro fortificato presenti in tutti gli altri prospetti del complesso.
La documentazione archeologica ha, viceversa, messo in evidenza la presenza, anche in questo lato del complesso, di alcune strutture murarie che contenevano le murature principali e spezzando il pendio, articolavano le opere di difesa.

Sono state inoltre portate in luce le strutture residuali di una cisterna fognaria, riferibile ad una fase avanzata di sviluppo dei corpi residenziali nel settore settentrionale del complesso e ad essi funzionale, che ha restituito alcuni materiali ceramici e reperti ossei che costituiscono un limitatissimo ma prezioso contesto per la ricostruzione materiale di alcune delle fasi di vita del castello.

Per le necessità logistiche connesse al cantiere edile (legate prevalentemente alle difficili condizioni di lavoro per i mezzi meccanici e di smaltimento del terreno), lo scavo è stato condotto progressivamente da est verso ovest.     

Il controllo archeologico alle operazioni di scavo eseguito nell’area settentrionale del castello, ha consentito di approfondire le conoscenze sull’organizzazione delle porzioni esterne alla cortina principale, acquisendo dati di un’area finora rimasta esclusa dalle conoscenze.

Sono state documentate alcune strutture murarie che articolavano l’area esterna, organizzando e terrazzando il pendio in cortine concentriche, gerarchicamente inferiori alla cinta sommitale, ma destinate all’accrescimento ed al potenziamento delle difese. Tale sistema, ancora in gran parte riconoscibile nelle altre porzioni del complesso, doveva risultare strettamente collegato al sistema di avvicinamento ed accesso al castello, che, chiarito dalle recenti indagini nella porzione occidentale, rimane ancora di non chiara interpretazione proprio in quella orientale, ove il crollo e la ricostruzione di parte delle strutture in corrispondenza del varco d’ingresso alla corte rustica, non consente, ad oggi, di comprendere completamente l’originaria organizzazione.
I rischi di crollo delle porzioni sommitali della muratura orientale, gravemente decoesionate, ha purtroppo impedito il proseguimento dello scavo in prossimità del varco di accesso orientale, impedendo il collegamento certo delle strutture rinvenute con quanto, seppure modificato, risulta ancora in luce.

Nella porzione occidentale dell’area settentrionale, sono state portate in luce le strutture residuali di una cisterna a perdere, connessa ad una latrina aggettante rispetto al prospetto settentrionale del castello. La struttura, che presenta una fase d’uso databile fra la metà del XVII ed il XVIII secolo, venne sostituita, nei primi decenni del secolo XX, da una vasca in calcestruzzo.
Musealizzazione e allestimenti

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

Valorizzazione del contesto

Lavori di restauro e recupero del compendio di Castel Belasi

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…e sappiamo che facciamo solo il nostro dovere, che questo è il nostro compito e che dovremo fare molto di più, ma molto di più. Per questo facciamo assegnamento sui giovani, gli uomini di domani, che dovranno raccogliere la nostra bandiera ed andare avanti, nell’interesse del nostro Paese: affinché il nostro Paese possa contare qualche cosa domani, poiché non c’è indipendenza politica se non c’è indipendenza economica.

Enrico Mattei. San Donato Milanese (Metanopoli) 1 gennaio 1958. Discorso per l’inaugurazione della Scuola di Studi superiori sugli Idrocarburi